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23
Lug

Lo sviluppo sociale nell’Autismo: l’importanza del rapporto con i genitori

Questo articolo nasce per aiutare i genitori di bambini con Autismo o Disturbo Generalizzato dello Sviluppo a giocare con i loro figli, così da promuovere lo sviluppo non solo cognitivo e motorio del bambino, ma anche delle abilità sociali e relazionali.

Cos’è l’intersoggettività? 
L’intersoggettività è l’insieme di tutti i comportamenti sociali necessari al bambino per riferirsi ad un’altra persona, ovvero le prime abilità di relazione sociale. Gli sguardi, l’interesse per il volto umano, il gioco con gli oggetti, l’alternanza nei turni di conversazione permettono al bambino di capire che può attirare l’attenzione dei genitori.

L’intersoggettività include:
• L’attenzione congiunta: il bambino alterna il proprio sguardo tra ciò che sta osservando e l’altra persona, impara a seguire con lo sguardo l’indicazione dell’altro e a portare un oggetto ad un’altra persona per farglielo vedere;
• L’imitazione: riesce ad imitare l’espressione del viso, i gesti, i movimenti e l’uso di oggetti creando un ponte tra lui e l’adulto;
• L’emozione congiunta: condivide emozioni con l’adulto;
• L’intenzione congiunta: inizia la capacità di aderire o meno con il proprio comportamento alle richieste che gli vengono proposte dagli altri;
• Gli scambi di turno: alterna sguardi, suoni, sorrisi o movimenti.

Quando un bambino è all’interno dello spettro autistico o all’interno di altri Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, i comportamenti sopra descritti possono non comparire o comparire in ritardo, il bambino presenta scarsa motivazione nel voler ricevere una risposta dagli altri.

Di solito le difficoltà nello sviluppo sociale sono difficilmente riconoscibili o confuse con normali variazioni di comportamento o temperamento del bambino. In questo caso (per i bambini che hanno compiuto 18 mesi) è possibile richiedere al vostro pediatra l’utilizzo di uno strumento di osservazione chiamato M-CHAT. Attraverso la compilazione di alcune domande, l’M-CHAT permette di avere un quadro più dettagliato rispetto ai comportamenti peculiari che avete notato in vostro figlio, permettendo di intervenire precocemente in caso sia necessario. Cosa osservare? Lo sguardo, la capacità di seguire con gli occhi un’indicazione da parte dell’adulto o la capacità di alternare turni di conversazione, sono indicatori importanti.

Cosa fare? 
Un bambino all’interno dello spettro autistico non impara spontaneamente quello che avrebbe bisogno di imparare, ciò non vuol dire che non impara. È necessario programmare l’intervento educativo in modo razionale e coordinato tra operatori e famiglia, scegliendo con cura gli obiettivi che si vogliono raggiungere per permettere al bambino di diventare indipendente. Il programma deve tener conto anche dei possibili comportamenti problematici del bambino che potrebbero essere di ostacolo all’apprendimento, e che in alcuni casi, necessitano di un intervento specifico.

Alla base del trattamento deve esserci una collaborazione tra genitori ed operatori, in quanto i primi sono coloro che conoscono meglio il figlio, i secondi invece hanno tutte le conoscenze delle tecniche e delle modalità di riabilitazione.

Fondamentale è insegnare al bambino in modo piacevole e divertente così da innescare la motivazione necessaria a ripetere quell’azione specifica e generalizzarla nei vari contesti di vita. Il gioco diventa quindi la cornice perfetta dove inserire tutte quelle attività che ci permettono di lavorare sulle abilità sociali sopra descritte. L’isolamento del bambino, le stereotipie, le difficoltà sensoriali spesso lo rendono distante e difficilmente raggiungibile, tanto da demotivare tutte le figure che ruotano intorno a lui.

Il gioco nello spettro autistico. Domande da porsi
• Il gioco che ho scelto interessa a mio figlio? Molto importante è capire cosa interessa al bambino così da scegliere attività di gioco per lui motivanti così da raggiungere gli obiettivi che vi siete posti. Spesso gli interessi ristretti (ad esempio verso solo alcune tipologie di giochi) vanno usati come un ponte che ci porta verso il bambino e non come un ostacolo.
Cosa gli dà fastidio? Alcuni bambini non sopportano determinati suoni che percepiscono come fastidiosissimi rumori, certi odori o materiali che danno fastidio se toccati. Cercate di scoprire cosa il vostro bambino rifiuta e non includete questi oggetti, almeno inizialmente.
Mio figlio durante il gioco scelto mi guarda, manovra l’oggetto, lo condivide e rispetta il turno? Se durante le attività avviene, anche se per pochissimi secondi, una di queste abilità sociali, è importante presentare più spesso quel tipo di gioco, in quanto permette di far emergere comportamenti sociali e di interazione con l’altro.
Quando interrompo il gioco mio figlio mi fa capire in qualche modo che vuole ripeterlo? Tale risposta è fondamentale per comprendere se l’attività è gradita a vostro figlio e soprattutto se è per lui motivante a tal punto da interagire per poterla ripetere.
Quando devo interrompere il gioco? Se il materiale non suscita interesse e la prova risulta fallita, il bambino non ha ancora le competenze adeguate per quel tipo di attività, che deve essere messa da parte e magari ripresa più avanti.
Come mi devo esprimere durante il gioco? Il linguaggio deve essere chiaro e semplice, se il bambino lo permette, si può decidere di guidarlo fisicamente per fargli comprendere cosa vorremmo facesse.
Dove devo svolgere il gioco? Come strutturo l’ambiente? Quanto tempo deve durare? Se durante l’attività proposta vediamo che il bambino è distratto dall’ambiente, non ci segue, perde l’attenzione, è probabile che l’ambiente scelto sia troppo confusionario per lui o che l’attività stia durando troppo tempo, in entrambi i casi è necessario modificare spazi e durata per venire incontro al bambino e ricatturare il suo interesse.
Sono motivato a giocare con mio figlio? La motivazione dei genitori è essenziale per coinvolgere il bambino.

Organizzazione dello spazio e del tempo
Lo spazio deve essere identificabile visivamente (che sia un tappeto o un tavolo), definito con dei limiti visibili (ad esempio un muro o un mobile), essenziale, quindi senza distrazioni e, ovviamente, comodo sia per voi genitori sia per il bambino. È importante anticipare a vostro figlio, verbalmente o attraverso l’utilizzo di un’immagine, il gioco che si vuole proporre, in modo da rendere l’attività prevedibile. La prevedibilità del gioco è strettamente correlata alla tranquillità del bambino.
Bisogna, oltre che pensare allo spazio, riflettere anche sulla durata del gioco, sul far comprendere al bambino l’inizio e la fine di questo o su come far comunicare al bambino la volontà di interrompere il gioco. Se il bambino si esprime a parole si può utilizzare il linguaggio verbale, scegliendo una parola che indica “ancora” per la prosecuzione del gioco, o “basta” / ”via” per la sua interruzione, prevenendo la fuga del bambino dall’ambiente scelto. Se il bambino non parla si possono creare dei piccoli rituali: l’ingresso nello spazio di gioco che si apre all’inizio e si chiude al termine, le pantofole che si levano quando ci si siede sul tappeto e si rimettono quando l’attività è terminata, un oggetto che piace particolarmente al bambino messo accanto a noi che gli viene restituito solo al termine dell’attività, ad indicarne la fine.
E’ il caso di non insistere con il gioco se il bambino dovesse dare segni di disinteresse e/o stanchezza, piuttosto è meglio mettere a posto e prendere un’altra attività per lui motivante.
In generale, la ripetizione aiuta il bambino ad apprendere e a prestare attenzione agli elementi sociali del gioco perché diventano prevedibili. Nel momento in cui l’esercizio viene compreso allora possono essere inserite delle variazioni, possibilmente scelte con cura e proposte una alla volta (ad es. si può sostituire le palline morbide invece delle biglie nei giochi di turno, oppure i cerchi invece di essere lanciati possono essere fatti rotolare, il palloncino invece di essere sgonfiato sulla mano può essere lanciato nella stanza per seguirne la traiettoria, oppure può essere eseguita un’attività, invece che da solo, insieme a voi genitori così da promuovere lo scambio e l’attenzione congiunta).

Dott.ssa Francesca Pretagostini
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE)
Esperta in valutazione e riabilitazione del bambino con Difficoltà di Sviluppo

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