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05
Dic

Disprassia: cos’è e come riconoscerla nei bambini

La disprassia è una difficoltà di coordinazione dei movimenti che può portare a problemi anche nelle attività di autonomia della vita quotidiana del bambino, come: vestirsi, svestirsi, lavarsi, allacciarsi le scarpe, usare gesti per esprimere stati d’animo, fino a difficoltà didattiche di scrittura (disgrafia) o lettura.

I bambini con questa difficoltà non riescono a compiere movimenti intenzionali in sequenza per portare a termine un’azione, hanno bisogno di pensare ai movimenti da fare per raggiungere un obiettivo, ed una volta raggiunto hanno difficoltà a ripetere la stessa azione nuovamente.

In parole più semplici, la disprassia è una difficoltà a programmare ed eseguire azioni in sequenza per raggiungere un obiettivo (ad es. se devo salire le scale mi devo avvicinare allo scalino, mettere la mano sulla ringhiera, guardare lo scalino e piegare la gamba, poggiare il piede sullo scalino e darmi la spinta per salire).

Tali difficoltà si possono riscontrare anche nei movimenti delle braccia, delle mani, delle dita e di produzione verbale del linguaggio, chiamata disprassia verbale.

Già nel primo anno di vita si possono notare difficoltà nelle prensione e deficit dei movimenti delle mani e delle dita. E’ inoltre presente nella maggioranza dei casi poca forza degli arti superiori. Spesso sono associati disturbi di percezione, visivi, problemi di attenzione e di comportamento, ed anche problemi di apprendimento (per approfondire leggi anche Disturbi dell’apprendimento e Deficit di attenzione e iperattività). Può sembrare una difficoltà poco conosciuta, ma è presente dal 2 al 5% dei bambini di età scolastica.

Il bambino disprattico, anche quando ha imparato ad eseguire determinate azioni, necessita di tempi più lunghi ed è più lento nell’eseguire movimenti sia della vita quotidiana sia nelle attività scolastiche. Va ricordato che molti di questi bambini sono molto intelligenti, perciò il carico di frustrazione rispetto alla consapevolezza del proprio deficit, è tale da portarli verso disturbi comportamentali o della condotta. Importante quindi un tempestivo riconoscimento del problema e la presa in carico in terapia più precocemente possibile.

Le cause della disprassia sono poco definite ed ancora incerte: si riscontrano bambini che possono avere genitori che hanno avuto gli stessi problemi (familiarità, fattori genetici), nel 50% dei casi si sono avuti problemi durante la gravidanza o il parto, è spesso presente anche nei bambini prematuri, ma anche postmaturi (41-42° settimana).

Chi fa la diagnosi?
La diagnosi di disprassia richiede un’accurata valutazione che, a seconda dei casi, investe diversi settori dello sviluppo. La valutazione viene fatta quindi da un’equipe costituita da vari esperti: neuropsichiatra infantile, psicologi dell’età evolutiva, logopedisti, terapisti della neuropsicomotricità, terapisti occupazionali, che insieme collaborano per effettuare una diagnosi ed in seguito decidere un progetto mirato di terapia. Importante l’apporto del pediatra per un’ipotesi diagnostica ed un tempestivo invio a chi di competenza.

Segnali ed indicatori di rischio

Primo anno di vita
Il bambino è facilmente irritabile e non consolabile, presenta difficoltà di suzione e alimentazione, ha problemi di sonno, difficoltà nei cambi di posizione e di sguardo. Difficoltà e/o ritardo nella prensione, ad afferrare piccoli oggetti. Nel linguaggio vi è un ritardo nella produzione dei primi vocalizzi o prime sillabe (per approfondire leggi anche Ritardo nel linguaggio nel bambino sotto i due anni). Anche le tappe evolutive motorie sono ritardate (gattonare, stare seduto, mettersi in piedi, deambulare in modo autonomo).

Età prescolare
Il bambino è in continuo movimento, necessità di tempi lunghi per svolgere un qualsiasi compito e rinuncia se trova qualche difficoltà, presenta tempi brevi di attenzione (2 – 3 minuti), e mostra difficoltà ad addormentarsi o un sonno agitato. Produce suoni isolati, ma non parole (se le produce sono articolate in modo errato), a due anni produce meno di 50 parole, ha difficoltà a seguire canzoncine. Sale e scende le scale solo con aiuto ed ha difficoltà a scendere o saltare un gradino. Viene ancora imboccato o usa le dita. Difficoltà di equilibrio o a stare su un solo piedino. Le braccia sono rigide o cadenti lungo i fianchi durante la deambulazione. Disegna a livello di scarabocchi. Non riesce a usare le forbici. Difficoltà ad usare il triciclo o pedalare. Non fa giochi di costruzione. Ha difficoltà nell’infilare chiodini nei buchi, ha problemi nell’afferrare e manipolare oggetti. Non presenta sequenze di gioco simbolico oppure sono limitate. Evita e non ama fare puzzle.

Età scolare
Facile distraibilità e tempi di attenzione molto brevi: questi bambini fanno fatica a seguire le spiegazioni dell’insegnante e a mantenere l’attenzione costante per un tempo prolungato e necessario allo svolgimento di un intero compito. L’esecuzione dei compiti è lenta, migliora se non si trova nell’ambiente classe ma in rapporto singolo con l ‘adulto. Può esserci disgrafia, difficoltà in matematica e nell’elaborazione di storie. Anche la copiatura alla lavagna può essere difficoltosa, meglio infatti posizionare il bimbo vicino alla lavagna e dare più tempo per la copiatura.

 

Dott.ssa Francesca Pretagostini

Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE)
Esperta in valutazione e riabilitazione del bambino con Difficoltà di Sviluppo

www.centroiltulipano.com

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