Diagnosi di Autismo: niente paura!
Oggi torniamo a parlare di un argomento che tanto spaventa i genitori di bambini che posseggono un repertorio linguistico molto limitato o compromesso: la possibilità che il proprio bambino sia autistico. In realtà, la difficoltà linguistica è solo uno dei tanti sintomi che possono accompagnare la diagnosi di autismo. Molto più frequentemente, se un bambino produce o comprende poche parole, si tratta di ritardo o disturbo di linguaggio (leggi anche Ritardo nel linguaggio nel bambino sotto i due anni: quali sono i campanelli d’allarme?).
Ma andiamo ad osservare quali possono essere eventuali campanelli d’allarme che devono portarci a chiedere il consulto di uno specialista.
Generalmente le difficoltà comunicative devono andare ad incidere significativamente sul piano sociale, il che si traduce in: scarsa iniziativa nell’interazione sociale (specialmente con i coetanei), mancanza di espressività facciale e gestualità, contatto di sguardo limitato. Devono inoltre essere presenti comportamenti, interessi e attività ristrette e ripetitive come un’eccessiva fedeltà alla routine con forte insistenza a riprodurre sempre gli stessi schemi e con eccessivo stress a seguito di piccoli cambiamenti. Altro segno che potrebbe presentarsi è una “insolita sensibilità agli stimoli sensoriali” come eccessivo annusare o toccare oggetti e una forte attrazione per luci e oggetti roteanti.
Tutti questi sintomi devono essere limitanti, compromettendo il funzionamento quotidiano.
Ma attenzione, ribadisco che, se anche aveste un dubbio da genitori attenti non c’è da allarmarsi: il primo passo da compiere è consultare il pediatra per richiedere una visita dal neuropsichiatra infantile, il quale, a seguito di un’attenta visita e solo dopo aver raccolto le informazioni necessarie, potrà fare o meno diagnosi. Dopo la diagnosi potrà poi inviarvi agli specialisti che prenderanno in carico il vostro bambino per poter lavorare su aspetti deficitari e punti di forza, con lo scopo di migliorare la qualità della vita del bambino e di tutta la sua rete di supporto sociale.
E se arriva la diagnosi di autismo? Calma. Prima di tutto non colpevolizzatevi. È stata ormai da tempo abbandonata la teoria della “mamma frigorifero” per cui non avete “colpa”. Non avete coccolato poco vostro figlio e non gli avete dato cure poco amorevoli. Nonostante siano tanti gli studi genetici condotti per ricercare le possibili cause di autismo, ancora non si è giunti alla verità. Siamo in attesa e intanto lavoriamo sugli effetti.
Noi terapisti siamo poco interessati a cause o etichette: al centro c’è il bambino con la sua forza e la sua fragilità. E la forza al bambino viene anche trasmessa da tutte le persone che lo amano e se ne prendono cura. Per questo è importante che il genitore stesso venga accolto e supportato psicologicamente, per poter essere pronto ad accettare e mettere in pratica suggerimenti e consigli fondamentali per il buon esito della terapia, che non può finire in seduta, ma va necessariamente continuata a casa e negli ambienti frequentati dal bambino, in modo da bloccare eventuali comportamenti problema e da gestire in modo ottimale le situazioni quotidiane senza compromettere o vanificare il lavoro svolto insieme allo specialista (leggi anche Lo sviluppo sociale nell’autismo: l’importanza del rapporto con i genitori).
L’unione fa la forza e tutti ne possono trarre vantaggio, ma questo naturalmente vale per qualsiasi disturbo del neurosviluppo e anzi, per qualsiasi situazione difficile ci troviamo ad affrontare, perché quando ci sentiamo disarmati e spaventati, può essere davvero d’aiuto essere presi per mano e accompagnati lungo la strada, che diventa dolcemente meno impervia.
Dott.ssa Claudia Cevoli
Logopedista