26
Ott

L’ombra dello Straniero. Simboli e Archetipi Junghiani

I Simboli e gli Archetipi
Una parola o un’immagine è simbolica quando assume un valore che va al di là del suo significato ovvio e immediato; al di là delle sue caratteristiche che possiamo percepire attraverso i nostri sensi o la nostra logica. E’ qualcosa che sta a rappresentare qualcos’altro.
Ad esempio, potremmo definire una corona soltanto come un oggetto di metallo prezioso, pesante, di forma circolare che di solito si posa sul capo di un essere umano qualunque. In verità, al di là delle sulle caratteristiche fisiche, la corona è il simbolo di re e regine, rappresenta autorità, potere, magnificenza.
Potremmo pensare al Sole semplicemente come a una delle tante stelle dell’universo, attorno a cui ruotano i pianeti del nostro sistema solare, le cui reazioni di fusione trasformano tonnellate di materia in energia, una piccola parte della quale favorisce la vita sulla terra. Eppure non possiamo ignorare che il sole sia stato adorato fin dagli albori dell’umanità come fonte di vita, come ritorno alla vita dopo la morte della notte (“è tornato il sole nella mia vita!” ci troviamo a dire); che sia divenuto il simbolo dell’Illuminismo, dopo il buio del Medioevo, a rimarcare la rinnovata luce del lume della ragione; l’aureola dei santi, il simbolo della loro grazia e beatitudine.
Gli Archetipi, d’altra parte, sono quelle nozioni universali, primigenie e innate che ogni individuo possiede e conserva dentro di sé.
Nell’accezione junghiana del termine, sono immagini o concetti condivisi dall’umanità intera. Rappresentano o personificano condizioni istintive primitive, radicali, non coscienti. Gli archetipi, si servono dei simboli per veicolare il loro messaggio e presentarsi alla coscienza dell’uomo. Prendiamo ad esempio il ciclo di Re Artù, che da ragazzo diventa re grazie all’aiuto di Merlino, potente mago.
Pensiamo adesso agli affreschi sulla volta della Cappella Sistina, in cui Michelangelo rappresenta Dio nell’atto di creare Adamo, con le sembianze di un anziano signore. Merlino in letteratura, e il Dio nell’affresco di Michelangelo, simboleggiano l’archetipo del Vecchio Senex: l’anziano saggio, lo spirito guida che accentra le virtù di sapienza, esperienza, ricchezza interna.

Nota
Ad onor del vero, va precisato che nella psicologia analitica, ogni archetipo ha il suo doppio, una valenza positiva e una negativa. Ma questa è un’altra storia, che esula dagli obiettivi di questo articolo.

L’Ombra e lo Straniero
Il nucleo archetipico dell’Ombra è costituito da tutto ciò che non conosciamo di noi stessi, spesso è la personificazione dei nostri istinti più primitivi, repressi o rimossi dalla personalità, e che l’Io (la nostra funzione cosciente) preferisce ignorare. Quando si sentono montare sentimenti di rabbia soverchiante, quando un amico ci rimprovera di qualche colpa, si può essere certi che ci si imbatte in qualche elemento della nostra Ombra.
E’ esposta alle influenze della collettività, molto più di quanto non lo sia la personalità cosciente: quando un individuo si trova in un gruppo in cui “gli altri” compiono atti involutivi (direzione contraria all’evoluzione psichica e sociale) e primitivi (non sulla base dell’intelletto), capita che egli cominci a credere che, se non si unisce a loro, sarà ritenuto uno sciocco.
L’incontro con l’Ombra fa prendere coscienza di tutte quelle caratteristiche personali che l’individuo desidera nascondere a sé stesso e agli altri, una disposizione del tutto umana che è però rifiutata per ragioni morali.
Anche se nascosta alla coscienza l’Ombra è dinamicamente attiva e talvolta perviene alla consapevolezza sotto forma di sensi di colpa, senso di indegnità, timore di essere rifiutati. Sono in effetti queste emozioni e sentimenti negativi, che creano un solido confine che trattiene l’Ombra nell’oscurità. Non solo! Alla rimozione fa seguito la proiezione. In altre parole neghiamo i nostri tratti negativi nascosti e al tempo stesso inconsciamente li attribuiamo agli altri.
Prendiamo le distanze dal nostro sentirci soli, rifiutati, detestabili, deprivati e cerchiamo di tenerli fuori dalla nostra persona, magari attribuendo tutto questo a qualcun altro, che ci appare così detestabile, solo.
L’archetipo dell’Ombra può impattare nella nostra vita attraverso un simbolo: quello dello Straniero, nemico, e invasore. Vive grazie a una giustificazione ancestrale: il principio di sopravvivenza che fa sì che i giovani animali possiedano una cautela programmata verso ogni cosa estranea che può essere potenzialmente ostile, predatoria o distruttiva.
Anche negli esseri umani, l’immagine dello straniero suscita reazioni viscerali, comunica incertezza. Quando lo vediamo apparire sulla soglia ci chiediamo chi sia, che intenzioni abbia, se ci è nemico o amico. Restiamo immobili a chiederci se avvicinarci o fuggire da questo essere “estraneo”.
Nelle civiltà primitive lo straniero era considerato un nemico, una minaccia alla coesione del gruppo o del clan. I confini territoriali venivano protetti e quando un forestiero li attraversava veniva catturato o ucciso, in modo che non contaminasse il gruppo con la sua magia.
Con lo sviluppo delle realtà sociali e culturali tuttavia, cominciò ad essere considerato un emissario, un incaricato, un messaggero da altri luoghi piuttosto che un nemico. Dopo un rituale di purificazione veniva accettato nel gruppo come dispensatore di nuove energie o come educatore.
Spesso l’archetipo dello straniero è associato a quello del ladro, dunque a fuori legge che ci sottraggono tutto ciò che possediamo a livello materiale e spirituale. Incarna quella forza dirompente che rompe qualsiasi barriera da cui ci sentiamo protetti.
La psiche raffigura addirittura la malattia come la visita di un estraneo minaccioso, una crepa nell’identità, nell’immagine di sé e della padronanza di sé.
Lo straniero entra in casa nostra, direttamente dentro al centro vitale, il nucleo di stabilità.
Dunque a livello psicologico lo Straniero crea uno schermo perfetto per individuare quelle che abbiamo chiamato “proiezioni” di parti sconosciute della nostra personalità.
Lo straniero ci fa paura, e questa sua funzione di “nemico” sembra esserci necessaria: dobbiamo combatterla per non mettere in crisi le certezze, le convenzionalità di un individuo o di una collettività.
Ma quando lasciamo queste parti di noi stessi nella vita reale, proiettate sullo schermo, finiamo per ritrovarci frammentati e questo può portare alla nascita di pregiudizi e conflitti di ogni sorta.
Tuttavia se integriamo queste parti estranee, se riconosciamo che ci appartengono, se le vediamo anche dentro di noi, e non solo in quello che l’altro rappresenta, diventiamo più capaci di rispettare la differenza e l’alterità, e di accettarci in maniera più autentica.
L’Ombra è ostile solo quando viene ignorata, e tuttavia questa strategia non è utile a neutralizzarla: dice Jung – la repressione dell’Ombra è un rimedio altrettanto meschino quanto la decapitazione contro il mal di testa – (1938).
Diventare coscienti dei nostri lati oscuri, porta luce e cambiamento nelle nostre sofferenze, che si liberano lasciando il posto ad una nuova armonia.
Cambiamento in ciò che fin ora abbiamo creduto essere certezze.
Cambiamento nella percezione che abbiamo di noi stessi.
Non si diventa illuminati perché ci si immagina qualcosa di chiaro, ma perché si rende cosciente l’oscuro”. Jung, Opere. Vol.13.

 

Dott.ssa Giulia Cimarelli
Psicologa Clinica e Psicoterapeuta
Responsabile dell’area di Consulenza e Sostegno Individuale e Familiare

 

 

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